12 Settembre 2024

Osservazioni sul rapporto tra isolamento diurno, benefici penitenziari e misure alternative alla detenzione – Corte di Assise di Palermo, Seconda Sezione, ordinanza 09.10.2023; Pres. Pellino, Est. Pellegrino, P.G. in c. B.M.

A cura di Alessandro Ricci (Avvocato del Foro di Perugia)

Osservazioni sul rapporto tra isolamento diurno, benefici penitenziari e misure alternative alla detenzione.

di Alessandro Ricci

nota a Corte di Assise di Palermo, Seconda Sezione, ordinanza 09.10.2023; Pres. Pellino, Est. Pellegrino, P.G. in c. B.M.

1. Non è un tema che quotidianamente impegna la gestione delle posizioni penitenziarie, ma chi dovesse imbattersi nei rapporti tra applicazione/esecuzione di isolamento diurno ex 72 c.p. e concessione/fruizione di benefici penitenziari o misure alternative alla detenzione, potrebbe trovarsi all’improvviso di fronte ad una complicazione che può incidere in maniera significativa sulla libertà personale del detenuto in espiazione della pena dell’ergastolo.

Può capitare, infatti, che in prossimità della meritevole riconquista di spazi di libertà extramuraria o addirittura dopo averli già riconquistati magari previa espiazione di 20 e più anni di ininterrotta detenzione, il condannato si trovi improvvisamente – ma in alcuni casi, come si vedrà, forse non imprevedibilmente – di fronte alla postergazione della sua legittima aspettativa pur essendo sussistenti e di prossimo accertamento positivo, o in alcuni casi, appunto, già accertate, le condizioni previste dall’ordinamento penitenziario per l’accesso a benefici o misure alternative.

La decisione che si annota, già di per sé meritevole di essere segnalata per l’innovativa soluzione in favor adottata nel caso di specie, offre l’occasione per tratteggiare in ampia prospettiva le varie sfaccettature del tema in questione che in concreto è l’effetto dell’intersezione tra “esecuzione penale” di una conseguenza della condanna all’ergastolo più altra pena temporanea, ed “esecuzione penitenziaria” di un beneficio o misura alternativa alla detenzione, specie allorquando tale intersezione assuma caratteri temporalmente anomali; e si vedrà tra breve il perché dell’anomalia.

2. Non sembra superfluo, in breve, ricordare il quadro normativo di riferimento dell’isolamento diurno.

Come noto l’art. 72 c.p., sotto la rubrica “concorso di reati che importano l’ergastolo e di reati che importano pene detentive temporanee”, stabilisce al primo comma che “al colpevole di più delitti, ciascuno dei quali importa la pena dell’ergastolo, si applica la detta pena con l’isolamento diurno da sei mesi a tre anni”, mentre il secondo comma stabilisce che “nel caso di concorso di un delitto che importa, la pena dell’ergastolo, con uno o più delitti che importano pene detentive temporanee per un tempo complessivo superiore a cinque anni, si applica la pena dell’ergastolo con l’isolamento diurno per un periodo di tempo da due a diciotto mesi”.

La misura dell’isolamento diurno può essere quindi applicata a carico del condannato alla pena dell’ergastolo in fase di cognizione in caso di processo cumulativo nel quale si contestino all’imputato più reati che per effetto delle relative condanne comportino le conseguente sanzionatorie sopra descritte; ovvero sempre in fase di cognizione in un processo separato che segua ad uno nel quale vi è già stata una condanna definitiva ad una pena che sommata a quelle inflitte precedentemente comporti anche qui le medesime conseguenze sanzionatore; ed infine anche in fase di esecuzione quando si tratti di eseguire le pene inflitte con condanne variamente susseguitesi nel tempo e pronunciate in esito a procedimenti separati; il tutto anche in ragione della previsione dell’art. 80 c.p. il quale sotto la rubrica “concorso di pene inflitte con sentenze o decreti diversi”, a chiusura del sistema di regole relative all’applicazione del cumulo materiale di pene ed alle sue

mitigazioni, stabilisce che “le disposizioni degli articoli precedenti si applicano anche nel caso in cui, dopo una sentenza o un decreto di condanna, si deve giudicare la stessa persona per un altro reato commesso anteriormente o posteriormente alla condanna medesima, ovvero quando contro la stessa persona si debbono eseguire più sentenze o più decreti di condanna”.

Giusto anche ricordare che l’isolamento diurno applicato in sostituzione delle pene temporanee o perpetue che concorrono con un ergastolo, “non costituisce una semplice modalità di vita o di disciplina carceraria, ma una sanzione penale specifica, nella quale quella prevista per detti reati si converte per non lasciarli impuniti (…). Stante siffatta esigenza, la razionalità del sistema riposa appunto nel maggior peso sanzionatorio dell’isolamento diurno. Per quanto la misura isolatrice sia stata ritenuta non contraria alle esigenze di umanità e alla funzione rieducativa della pena (v. già Corte Cost., n. 115 del 1964), non è dubitabile che essa rappresenti una sanzione dotata di una afflittività di gran lunga maggiore rispetto alla normale carcerazione, conseguente alle pene della reclusione o dell’ergastolo” (così, da ultimo, Cass. Pen. Sez. I, n. 25982 del 02.03.2023, ric. Racco).

E quindi: l’isolamento diurno non è meno di una pena principale, anzi è un qualcosa di più afflittivo.

3. Ciò posto, il punto di partenza non è per la verità in discussione: l’esecuzione dell’isolamento diurno comunque applicato ad un ergastolano ai sensi dell’art. 72 c.p. non è nei fatti concretamente compatibile con la fruizione di un beneficio penitenziario extramurario (permesso premio o lavoro esterno) o di una misura alternativa alla detenzione (semilibertà o liberazione condizionale).

Sebbene, invero, l’art. 72 ultimo comma c.p. stabilisca che “l’ergastolano condannato all’isolamento diurno partecipa all’attività lavorativa”, così come l’art. 73, comma 4, d.P.R. n. 230/2000 stabilisca che “l’isolamento diurno nei confronti dei condannati all’ergastolo non esclude l’ammissione degli stessi alle attività lavorative, nonché di istruzione e formazione diverse dai normali corsi scolastici, ed alle funzioni religiose”, in concreto la misura isolatrice, stante la sua natura sanzionatoria, si caratterizza per prescrizioni che non sono riproducibili e proiettabili in ambito extramurario.

Sul punto, le decisioni di legittimità presentano una linea decisoria chiaramente comune che ad oggi non sembra lasciare spazi di manovra discrezionale ai giudici di sorveglianza: “il magistrato di sorveglianza, nell’applicare tale misura, non può disporre modalità esecutive tali da renderla priva di contenuto effettivo, snaturandone la struttura e la funzione retributiva, così come prefigurate dall’art. 72, commi primo e secondo, cod. pen.” (così, Cass. Pen., Sez. I, n. 9300 del 05.02.2014, ric. Focoso; in senso sostanzialmente conforme, anche Cass. Pen., Sez. I, n. 1044 del 02.12.2008, ric. Rotolo).

Per tali ragioni, il principio affermato in tema di permessi premio per cui “la natura sanzionatoria del regime detentivo dell’isolamento diurno e le sue connotazioni di afflittivitàsuppletiva e temporanea lo rendono incompatibile con il permesso premio richiesto ex art. 30-ter ord. pen. ” (così Cass. Pen., Sez. I, n. 3763 del 26.11.2019, ric. De Nicola), ha già trovato identica applicazione alla misura della semilibertà: “tale isolamento diurno non risulta, allo stato, espiato e di conseguenza la richiesta di ammissione al regime di semilibertà proposta dal detenuto era inammissibile ‘ab origine’… prima dell’esecuzione dell’isolamento diurno, non è ammissibile nemmeno la fruizione del permesso premio….” (così Cass. Pen., Sez. I, n. 23553 del 21.03.2023, ric. P.g. in c. Carola); e tale conclusione ovviamente sarebbe estensibile alla misura di più ampia portata della liberazione condizionale.

E quindi, nella intersezione tra “esecuzione penale” della misura isolatrice ed “esecuzione penitenziaria” di un beneficio o misura alternativa, la prima prevale sulla seconda e da ciò possono trarsi le prime conclusioni di massima:

– nel caso di condannato già ammesso al regime di semilibertà, l’eventuale sopravvenienza esecutiva di un provvedimento di isolamento diurno determina il venir meno delle concrete condizioni di eseguibilità della misura alternativa della quale dovrebbe essere dichiarata la cessazione; né potrebbe, il condannato, riprendere poi ad usufruire di permessi premio magari già concessi in precedenza; dunque, una totale regressione trattamentale;

– nel caso di condannato già in esecuzione di un provvedimento di isolamento diurno non potranno essere concretamente messi in esecuzione permessi premio o misure alternative alla detenzione in ipotesi concesse;

– ed infine, quale corollario di dette conclusioni e per la verità a valere, a monte, come priorità logica, nel caso in cui risulti dal carteggio dello stato esecutivo del condannato la già avvenuta emissione di un provvedimento applicativo di isolamento diurno non ancora eseguito e di fatto eseguibile in ogni momento, sarà impedita ab origine alla magistratura di sorveglianza l’adozione di provvedimenti concessivi di permessi premio o misure alternative fin tanto che quella misura isolatrice non sia stata eseguita ed abbia esaurito i suoi effetti, non potendo ipotizzarsi una decisione concessiva di un beneficio o misura alternativa la cui concreta esecutività possa essere subordinata alla condizione – per non dire alla mera speranza – di non contestuale esecuzione della misura isolatrice.

Ma se ciò è chiaro e difficilmente confutabile nel quadro di una fisiologica intersezione temporale tra i due diversi piani esecutivi, il problema affrontato dall’ordinanza in commento evidenzia come i fattori temporali possono determinare significative anomalie.

4. Per una visione d’insieme delle variabili operative che il tema offre, perlomeno quelle ad oggi note, appare utile delineare la fisionomia delle fattispecie già oggetto di vaglio giurisdizionale a partire da quella che ha dato origine all’ordinanza in commento, così da rendere da subito evidente i termini del problema, evitando però al momento, volutamente, l’indicazione dei profili diacronici delle singole vicende:

a) il tribunale di sorveglianza aveva concesso la misura della semilibertà ad un condannato alla pena dell’ergastolo già fruitore da tempo di permessi premio e dalla cui posizione esecutiva non emergeva, fatto pacifico, nessun provvedimento di isolamento diurno; solo successivamente e quindi a misura alternativa ormai in atto, il pubblico ministero competente per l’esecuzione, rilevata la sussistenza delle condizioni ex art. 72, comma 2, e 80 c.p. (due sentenze di condanna emesse in sedi diverse, una alla pena dell’ergastolo, l’altra a quella di anni 6 e mesi 8 di reclusione), chiedeva al giudice dell’esecuzione l’applicazione della misura dell’isolamento diurno; ma quest’ultimo, appunto, provvedeva nei termini di cui all’ordinanza in commento (Corte Assise Appello Palermo, Seconda Sezione, ord. 09.10.2023, Badalamenti); quindi: pur sussistendone le condizioni, non era mai stata richiesta l’applicazione dell’isolamento diurno al condannato ormai ammesso a misura alternativa e già prima fruitore di permessi premio;

b) il tribunale di sorveglianza aveva concesso la misura della semilibertà ad un condannato alla pena dell’ergastolo, già fruitore di permessi premio; la corte di cassazione, su ricorso del p.g. territoriale avvedutosi della mancata esecuzione di un isolamento diurno già applicato in passato nella sentenza di condanna ma non ancora eseguito, aveva però annullato senza rinvio l’ordinanza concessiva della misura alternativa ritenendo la domanda inammissibile ab origine fintanto che il condannato non avesse espiato la misura (Cass. Pen., Sez. I, n. 23553 del 21.03.2023, ric. P.g. in c. Carola); quindi: isolamento diurno già applicato in passato, mai eseguito e non in esecuzione al momento della pronuncia della decisione dell’organo di sorveglianza concessiva della misura alternativa;

c) il magistrato di sorveglianza, in sede di valutazione sulla concedibilità di un permesso premio ad un condannato alla pena dell’ergastolo, si era avveduto che

l’interessato si trovava in esecuzione della misura dell’isolamento diurno al momento della sua decisione e per tale ragione aveva dichiarato l’istanza inammissibile con provvedimento poi confermato dal tribunale di sorveglianza in sede di reclamo e poi dalla corte di cassazione (Cass. Pen., Sez. I, n. 3763 del 26.11.2019, ric. De Nicola); quindi: isolamento diurno già applicato ed effettivamente in esecuzione al momento della decisione dell’organo di sorveglianza sulla concedibilità o meno del permesso.

5. A prima vista, le caratteristiche delle fattispecie sopra tratteggiate potrebbero indurre a non far percepire alcun aspetto, o sospetto, problematico.

A fronte, però, della regola, o auspicio, per cui l’isolamento diurno “deve trovare immediata esecuzione non appena la sentenza di condanna diviene irrevocabile, al pari della pena dell’ergastolo con questa inflitta” (così Cass. Pen., Sez. I, n. 23553 del 21.03.2023, ric. Carola, nella cui motivazione si richiamano gli analoghi precedenti Cass. Pen., Sez. I, n. 2116 del 21.03.2000, ric. Natoli; Cass. Pen., Sez. I, n. 4831 del 05.12.2000, ric. Riina), le patologie che caratterizzano le fattispecie sopra tratteggiate si percepiscono solo considerando le (molto) insolite cadenze temporali che hanno scandito le singole componenti ciascuna di esse:

– vicenda sub a): il condannato era ristretto ininterrottamente dal 25.06.1998; al 19.03.2003, data di passaggio in giudicato della sentenza di condanna all’ergastolo che andava ad aggiungersi ad altra condanna già definitiva a pena della reclusione superiore a 5 anni, si era integrata la condizione che legittimava il pubblico ministero competente per l’esecuzione alla richiesta ai sensi degli artt. 72, comma 2, e 80 c.p; rispetto a quella data il pubblico ministero ha però formulato istanza al giudice dell’esecuzione di applicazione dell’isolamento diurno solo il 04.07.2023 cioè a dire dopo 20 anni e 4 mesi dal momento in cui si era integrata la condizione legittimante la presentazione richiesta; quindi un clamoroso ritardo/dimenticanza per oltre un ventennio nella formulazione in executivis della domanda, doverosa e non discrezionale, di applicazione dell’isolamento diurno poi da eseguire;

– vicenda sub b): le tempistiche risultano analogamente, se non addirittura più gravemente, dilatate ma con una variabile diversa; il condannato era ristretto ininterrottamente dal 09.02.1987; l’isolamento diurno era già stato applicato con sentenza del 24.03.1994 e definitivamente formalizzato ai fini della sua eseguibilità al momento della emissione del provvedimento di cumulo dell’11.06.1997, data alla quale tutte le sentenze erano passate in giudicato; il che significa che al 15.12.2022, data dell’ordinanza di concessione del regime di semilibertà, erano trascorsi inutilmente più di 25 anni dal momento in cui si doveva dare esecuzione al provvedimento applicativo dell’isolamento già emesso; quindi un clamoroso ritardo/dimenticanza per oltre 5 lustri nella esecuzione, anche questa doverosa e non discrezionale, di un provvedimento già esistente;

– vicenda sub c): l’esistenza di un provvedimento applicativo di isolamento diurno risultava già emergere da un provvedimento di cumulo pene ex art. 663 c.p.p. del 2007, ma solo nel 2017 si dava concreta esecuzione allo stesso con gli effetti già descritti.

6. L’ordinanza in commento, chiamata a definire la vicenda sub a), è pervenuta al rigetto della richiesta del pubblico ministero di applicazione dell’isolamento diurno per due ordini di ragioni distinte tra loro ed in ipotesi operanti in autonomia.

La loro analisi non può, però, prescindere dal dare preliminare contezza del principale apporto difensivo offerto in valutazione critica e sul quale l’ordinanza ha in effetti poi fondato la principale ragione decisoria.

7. Nel declinare le due soluzioni proposte, sebbene in maniera più marcata per la seconda, l’ordinanza ha inteso essenzialmente rispondere in maniera preventiva

alla questione di legittimità costituzionale prospettata dalla difesa, i cui tratti essenziali emergono dalla motivazione del provvedimento dalla quale si evince, infatti, che nell’interesse del condannato era stato proposto al giudice dell’esecuzione, tra le altre cose, di valutare anche la possibile rilevanza e non manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale degli artt. 72, 80 e 172 c.p., in relazione agli artt. 3 e 27 Cost.

In particolare, muovendo dalla considerazione delle rationes delle disposizioni in tema di prescrizione della pena, la difesa lamentava l’assenza – sollecitando, appunto, un intervento di tipo additivo – di una previsione di garanzia che sottraendo l’input sanzionatorio della richiesta di applicazione dell’isolamento diurno al mero arbitrio temporale dell’organo competente per l’esecuzione, offrisse certezza, così come accade per tutte le pene principali detentive e pecuniarie, quanto a tempi di applicazione ed esecuzione del rapporto giuridico esecutivo penale che abbia ad oggetto l’applicazione e l’esecuzione di tale misura.

Due i riferimenti costituzionali dell’eccezione proposta.

Anzitutto, e non poteva essere altrimenti, l’art. 27, comma 3, Cost. sul piano della rivendicazione del diritto all’applicazione di una “pena” legittima che in linea con la funzione rieducativa ad essa costituzionalmente assegnata imponga che la sua esecuzione, ed ancor prima la sua comminazione, arrivi entro un termine non irragionevole; la garanzia costituzionale che attiene ad una dimensione soggettiva della persona deve infatti completarsi con l’obbligo per il legislatore di individuare strumenti attraverso i quali impedire che la persona subisca una pena illegittima, non essendo contestabile che la funzione rieducativa della pena esca compromessa, nella sua dimensione teleologica, da un irragionevole decorso del tempo non imputabile a comportamenti del condannato; e tale connotazione di legittimità esecutiva, ancorata alla ragionevolezza dei tempi di esecuzione della sanzione in rapporto al finalismo rieducativo, attiene a qualsiasi tipo di pena e quindi anche all’isolamento diurno poiché questo, come già, ricordato, non è “meno” di una pena principale, anzi è un qualcosa di più afflittivo.

E poi, ma non disgiuntamente dal predetto profilo, l’art. 3 Cost. sul piano della disparità di trattamento che renderebbe del tutto irragionevole l’assenza di un meccanismo di garanzia a fronte della espressa previsione normativa di analogo strumento qual è quello della prescrizione delle pene ex artt. 172 e segg. c.p.: se l’isolamento diurno è, come in effetti è, una “pena” in tutti i sensi financo, come già ricordato, “dotata di una afflittività di gran lunga maggiore rispetto alla normale carcerazione, conseguente alle pene della reclusione o dell’ergastolo” (così Cass. Pen. Sez. I, n. 25982 del 02.03.2023, ric. Racco)”, sarebbe discriminatorio per chi la deve subire non poter vantare uno strumento di garanzia che ne consenta l’immunizzazione a fronte di una situazione patologica di ormai conclamata illegittimità della stessa per fatto incolpevole dell’interessato, come sopra già evidenziato in rapporto all’art. 27, comma 3, Cost.

8. Quanto alla prima ragione di rigetto della richiesta.

Muovendo dal rilievo che non esiste un meccanismo normativo tipizzato che consenta, sulla falsariga di quanto previsto dall’art. 172 c.p., di dichiarare la prescrizione della pena dell’isolamento diurno in sé – ed in tal senso era orientata una delle eccezioni difensive di costituzionalità – l’ordinanza ha però inteso fare forza sulla prescrizione, a monte, del segmento di pena temporanea di anni 6 e mesi 8 di reclusione che, aggiunto a quella dell’ergastolo, avrebbe rappresentato appunto la causa normativa dell’applicazione della misura isolatrice; si legge, infatti, in ordinanza: “ai sensi dell’art. 172 c.p. la pena in parola (può) considerarsi ormai prescritta per il decorso di un tempo pari al doppio della sua commisurazione”.

Giusto evidenziare che l’apprezzabile obiettivo finalistico di garanzia perseguito con la soluzione proposta, non trova per la verità unanime avallo da

parte della, statisticamente rara, giurisprudenza di legittimità dove si registra la puntualizzazione per cui “il principio della unitarietà dell’esecuzione, costantemente affermato dalla giurisprudenza di legittimità… impedisce, una volta che sia intervenuto un provvedimento di cumulo, di considerare autonomamente ed isolatamente le singole pene in esso confluite per trarne conseguenze frammentate in punto di avvenuta – necessariamente parziale – espiazione (…) nel caso di provvedimento di unificazione di pene concorrenti tutte le pene vengono eseguite contemporaneamente come pena unica (…) ne consegue che, nel corso dell’esecuzione della pena cumulata, non è consentito lo scioglimento del cumulo per dichiarare la prescrizione di alcune pene – Sez. 1, n. 23571 del 06/05/2008, Rv. 240129…”; (così Cass. Pen., Sez. I, n. 23200 del 27.05.2022, ric. P.m. in c. Bushi; analogamente, già in precedenza, Cass. Pen., Sez. V, n. 22780 del 22.06.2020, ric. Scala).

L’ordinanza dà comunque contezza di conoscere l’arresto interpretativo avverso alla soluzione patrocinata, manifestando però la necessità di discostarsene proprio in ragione della peculiarità della fattispecie al suo scrutinio: “non sfugge a questa Corte che, secondo un orientamento della giurisprudenza di legittimità, una volta che una pena, frutto di una sentenza di condanna, risulti incorporata in un provvedimento di cumulo unitario, esse non possa essere tendenzialmente scorporata al fine di determinarne isolatamente la prescrizione… tuttavia nel caso in esame – ed è ciò che ne determina la specificità – a fare la differenza è che la modalità penale dell’isolamento diurno non fosse mai stata prevista o inserita nell’originario provvedimento di cumulo del 1° aprile 2005… se ne vorrebbe recuperare l’operatività – bel al di là di tutte le controindicazioni di opportunità costituzionale che sono già state evidenziate – solamente ora che, in astratto, la pena cui l’isolamento dovrebbe accedere, è indubbiamente prescritta ove in sé stessa considerata… ”.

Per completezza, è comunque doveroso segnalare che rispetto al tradizionale orientamento si registra, in una fattispecie dove si poneva specifica questione di prescrizione dell’isolamento diurno, una più recente apertura proprio a favore della prescrizione del singolo segmento di pena temporanea al quale accede l’applicazione della misura isolatrice: “l’art. 172 cod. pen. prevede, per quanto qui interessa, che solo la pena della reclusione (art. 23 cod. pen.) si estingue per il decorso del tempo; con la conseguenza che il decorso del tempo non determina l’estinzione della pena dell’ergastolo (art. 22 cod. pen.);… nel sistema del codice penale, l’imprescrittibilità della pena dell’ergastolo è conseguenza della imprescrittibilità del delitto punibile in astratto con tale pena;… una volta effettuata in sede di esecuzione la scissione del cumulo giuridico delle pene (nel caso concreto per effetto dell’applicazione della disciplina legale della continuazione fra reati), la pena dell’isolamento diurno conseguente a condanna all’ergastolo può estinguersi per effetto del decorso del tempo solo quando sia inflitta, in concorso con la pena dell’ergastolo, in sostituzione della reclusione per un tempo complessivo superiore a cinque anni per reati punibili con pene detentive temporanee, in applicazione dell’art. 72, secondo comma, cod. pen.;… l’art.172 cod. pen. non è dunque applicabile quando, come nella specie, la pena dell’isolamento diurno sia inflitta in luogo dell’ergastolo…” (così Cass. Pen., Sez. VII, n. 25455 del 05.07.2019, ric. Battisti); e proprio quest’ultimo inciso sembra pertanto legittimare l’applicazione della prescrizione della pena anche nel contesto di un cumulo di pene, e quindi del conseguente isolamento diurno, quando la sanzione detentiva inflitta ab origine che concorre con un primo ergastolo sia temporanea e non perpetua.

9. Di diversa impostazione, invece, la seconda ragione di rigetto basata sulle già evocate “controindicazioni di opportunità costituzionale”, il cui punto di partenza dell’argomentare trova fondamento in uno specifico precedente di legittimità

espressamente segnalato dalla difesa quale cardine della valutazione delle criticità costituzionali della vicenda in esame.

La fattispecie oggetto di tale arresto è infatti identica a quella dell’ordinanza in commento perché anche in quella situazione la difesa del condannato lamentava l’irragionevole decorso del tempo tra il dies a quo per la richiesta del pubblico ministero di applicazione dell’isolamento diurno e la presentazione della domanda; dalla motivazione sembra emergere uno spatium temporis di circa 18 anni.

In quel caso l’epilogo decisorio non era però stato favorevole alle aspettative del condannato ma per una ragione ben delineata nella decisione; si legge infatti nel provvedimento: “a questo proposito, va rilevato come la difesa avesse dedotto, in sede di prima istanza, che la ritardata applicazione dell’isolamento diurno avrebbe prodotto degli effetti pregiudizievoli sul piano trattamentale. Nondimeno, l’odierno ricorso non ha specificato in che modo l’esecuzione della sanzione de qua, a distanza di tempo dall’inizio dell’esecuzione penale, avrebbe prodotto, nel caso concreto, conseguenze negative sul percorso trattamentale avviato…”; ed ancora, più esplicitamente: “la sua eventuale postergazione non incide su alcun apprezzabile interesse del detenuto, una volta che non sia stato in alcun modo dimostrato che l’esecuzione di tale autonoma sanzione incida significativamente sul percorso rieducativo dal medesimo intrapresol’istante avrebbe dovuto indicare sotto quali concreti e specifici aspetti il sopraggiungere dell’esecuzione dell’isolamento ne avrebbe pregiudicato, ancorchétemporaneamente, il percorso di recupero, attraverso un regresso o comunque una stasi del processo riabilitativo…” (così, Cass. Pen., Sez. I, n. 5834 del 15.11.2018, ric. Carannante).

In altri termini: a prescindere dal tipo di richiesta formulata dal quel condannato in sede di incidente di esecuzione al fine di neutralizzare l’avversa domanda del pubblico ministero – nella decisione si legge che l’interessato aveva variamente chiesto la “revoca dell’isolamento diurno”, la “decadenza della sanzione” ed anche la “mancata dichiarazione di intervenuta prescrizione… in applicazione analogica dell’art. 172 c.p.” – in ogni caso sarebbe stato necessario in via preliminare indicare quale danno concreto rispetto al percorso riabilitativo avrebbe subìto il condannato dall’applicazione tardiva dell’isolamento diurno; ma tale allegazione non risulta esplicitata in quella vicenda né in sede di merito nè in quella di legittimità, compromettendo così la rilevanza di ogni richiesta.

Ed in ciò risiede l’essenziale differenza tra quella fattispecie e quella oggetto del provvedimento qui in esame essendo pacifico che in quest’ultimo caso il condannato, già fruitore in passato di permessi premio, aveva dato pacifica evidenza del fatto di trovarsi già in regime penitenziario di semilibertà per lo svolgimento di un’attività lavorativa retribuita e con fruizione di licenze plurigiornaliere ex art. 52 o.p. che gli consentivano il pernottamento a casa; per tale ragione l’applicazione dell’isolamento diurno avrebbe comportato un impedimento sopravvenuto nella prosecuzione della misura alternativa con necessaria declaratoria da parte degli organi di sorveglianza di sorveglianza di cessazione della stessa e perdita dell’attività lavorativa, il sovvertimento dello status libertatis con ripristino dell’integrale regime intramurario financo, appunto, aggravato dall’isolamento diurno, e dunque proprio quel sopra evocato regresso o comunque stasi del processo riabilitativo per fatto incolpevole non imputabile all’interessato.

10. Fatte proprie dette premesse rivenienti dalla giurisprudenza di legittimità quale necessario antecedente, l’ordinanza sviluppa poi con efficace sintesi il passo ulteriore e decisivo offrendo una soluzione al problema che per quanto non espressamente etichettata come un’interpretazione costituzionalmente orientata delle disposizioni normative rilevanti nel caso di specie, in particolare gli artt. 72, 80 e 172 c.p., si inserisce senza dubbio in tale categoria.

Il provvedimento, stigmatizzando anzitutto in più passaggi l’anomalia della domanda esecutiva di applicazione dell’isolamento diurno formulata dopo “lunghissimi anni di silenzio e inerzia, solo a distanza di decenni dal momento di pertinenza”, indica direttamente “[nel]l’insuperabile valore costituzionale dell’art. 27 della Carta fondamentale” il criterio guida al quale ispirarsi, evidenziando di trovarsi a decidere di una fattispecie in cui la rieducazione/riabilitazione non è soltanto (ancora) un obiettivo ipotetico e di speranza, ma – come si ammette “…una volta tanto…” – di fatto già concretamente in atto perché il condannato “non solo (è) stato già positivamente ammesso, da parte della competente Magistratura di sorveglianza, al regime di semilibertà, senza mai aver adito a rilievi, ma che lo stesso fruisca ormai regolarmente di licenze, che gli permettono di relazionarsi con la propria famiglia e con la dimensione concreta, una volta tanto, di una tangibile prospettiva di definitiva riabilitazione…”.; un scenario, pertanto, “francamente ostativo a dare favorevole corso alla richiesta del Procuratore Generale genetica di questa procedura esecutiva che, ove accolta, si porrebbe in insanabile contrasto coi dettati costituzionali, noti e veduti, sulla finalità riabilitativa della pena”.

In altri termini: a fronte delle concorrenti esigenze di dare attuazione, da un lato, al precetto punitivo anche per quanto riguarda l’isolamento diurno, e, dall’altro, alla proiezione finalistica rieducativa delle pene – come detto, nella specie già in effettivo grado di realizzazione – si è con ragione ritenuto che la prima dovesse essere recessiva rispetto alla seconda poiché l’avanzato stato del percorso rieducativo, ormai già stabilizzato anche con modalità extramurarie conquistate con meritevolezza quale effettiva concretizzazione del finalismo costituzionale rieducativo della pena, non potrebbe a tale stadio più tollerare un regresso o comunque una stasi del processo riabilitativo stesso con revoca di benefici e misure in atto per fatto incolpevole del condannato.

11. Posto che la soluzione di rilievo costituzionale analizzata offre idonea risposta pro carceratus al problema della richiesta (troppo) tardiva di applicazione di un isolamento diurno nei confronti di un ergastolano ormai instradato con merito su un percorso rieducativo caratterizzato anche da modalità extramurarie, occorre a questo punto interrogarsi su come la medesima soluzione di garanzia potrebbe essere nella sostanza fatta valere nel tentativo difensivo di immunizzare l’esecuzione di un provvedimento già esistente ma della cui esecuzione ci si sia dimenticati per anni, come nella vicenda sub b) sopra descritta.

In altri termini, ipotizzando nella sostanza la spendibilità della medesima soluzione rivendicando il medesimo fondamento costituzionale, occorre individuare in rito il giudice al quale la difesa del condannato dovrebbe prospettare l’eventuale questione di costituzionalità e/o proporre interpretazione costituzionalmente orientata nel tentativo di giungere al medesimo risultato di quello già analizzato.

Le opzioni in teoria sono due: al giudice di sorveglianza competente a decidere sulla concessione del permesso premio o sulle questioni esecutive della misura alternativa in atto; oppure al giudice dell’esecuzione, proponendo con incidente ex art. 666 c.p.p. una sorta di revoca del provvedimento applicativo dell’isolamento diurno illo tempore emesso e mai eseguito.

Il dubbio nasce dal fatto che il possibile intervento della magistratura di sorveglianza risulta evocato da una fonte autorevole che si identifica nell’ordinanza della Corte Costituzionale n. 237 del 12.05.1999, decisione della quale non è per la verità ben comprensibile la fattispecie a quo, tant’è che non a caso la questione venne definita al tempo con giudizio di “manifesta inammissibilità” non per ragioni di merito ma di “forma” essendosi riscontrata una insufficiente descrizione della fattispecie.

Si legge infatti dell’ordinanza: “manca pertanto qualsiasi motivazione circa le ragioni per cui il rimettente ha sollevato la questione di legittimitàcostituzionale (…)

inoltre il giudice rimettente dàper scontato che il condannato debba ancora essere sottoposto ad un periodo di isolamento diurno, senza peraltro chiarire se tale conclusione sia suffragata dal dato di fatto che il prevenuto non ha ancora espiato il periodo di isolamento determinato in sede di cognizione, ovvero derivi dall’esigenza di rideterminare il periodo di isolamento diurno in misura superiore a quello giàdisposto con la precedente sentenza, cosìtrascurando di motivare su un aspetto essenziale ai fini della rilevanza della dedotta questione di legittimitàcostituzionale (…) inoltre dall’ordinanza di rimessione – ove l’art. 72 cod. pen. è sottoposto a scrutinio di costituzionalitàin quanto le modalitàattuali di applicazione dell’isolamento diurno vengono a confliggere con un avviato processo individuale di reinserimento sociale, attuato attraverso le misure alternative alla detenzione… – emerge che la questione di legittimitàcostituzionale, volta a prevenire la asserita perdita automatica del beneficio della semilibertà, éprematura ed ipotetica, dovendo comunque essere delibata dal magistrato e dal tribunale di sorveglianza competenti per l’eventuale sospensione o cessazione della semilibertàa norma dell’art. 51-bis dell’ordinamento penitenziario”.

L’ultima osservazione sembra voler collocare, appunto, la rilevanza della questione di legittimità costituzionale non dinanzi al giudice dell’esecuzione ma al magistrato di sorveglianza al quale il pubblico ministero dovrebbe dare notizia con il proprio parere della esecuzione a carico del semilibero di un provvedimento dispositivo dell’isolamento diurno e dovendo poi l’organo di sorveglianza, monocratico o collegiale, valutare ed eventualmente sollevare lui l’incidente di costituzionalità.

Pur a fronte dell’autorevolezza dell’osservazione, devesi precisare, però, che l’ipotesi dell’investitura della magistratura di sorveglianza non persuade proprio alla luce della portata dell’art. 51-bis o.p. che, si ricorda, così stabilisce: “se durante l’esecuzione di una misura alternativa alla detenzione, sopravviene un titolo esecutivo di altra pena detentiva, il pubblico ministero competente ai sensi dell’articolo 655 del codice di procedura penale informa immediatamente il magistrato di sorveglianza formulando contestualmente le proprie richieste. Il magistrato di sorveglianza, tenuto conto del cumulo delle pene, se rileva che permangono le condizioni di applicabilità della misura in esecuzione, ne dispone con ordinanza la prosecuzione; in caso contrario, ne dispone la cessazione e ordina l’accompagnamento del condannato in istituto”.

La disposizione opera pertanto solo quando nel corso di esecuzione di una misura alternativa alla detenzione sopravvenga, letteralmente, “un titolo esecutivo di altra pena detentiva”, poiché in linea di principio è solo una nuova pena detentiva temporanea, o peggio ancora perpetua, che può determinare il venir meno del limite di pena/soglia espiale necessaria per l’accesso alla misura alternativa già in atto, aggiungendo un surplus non compatibile con il limite normativo prestabilito per la misura già in corso; è chiaro, però, che non è questo l’effetto che può determinare l’applicazione di un isolamento diurno ad un ergastolano; a rigore, dunque, il pubblico ministero competente per l’esecuzione che venga a conoscenza di un isolamento diurno già applicato in via definitiva e mai eseguito, non potrebbe fare altro che sollecitarne l’esecuzione con modalità ordinaria con l’automatica conseguenza della cessazione della misura in atto.

Il che avvalora l’idea di fondo che anche nell’ipotesi di tardiva esecuzione di un provvedimento di isolamento diurno già applicato in anni precedenti, qualunque iniziativa difensiva volta a neutralizzarne gli effetti dovrà essere indirizzata al giudice dell’esecuzione.

12. Si è soliti dire che prevenire è sempre meglio che curare.

In disparte la questione della prescrizione/estinzione del segmento di pena temporanea che concorre con l’ergastolo, l’ordinanza in commento prospetta una

cura fondata su ragionevoli valutazioni di ordine costituzionale che appare idonea a neutralizzare una richiesta di applicazione di isolamento diurno, od anche di esecuzione di un provvedimento già emesso, nelle situazioni come quelle sopra tratteggiate in cui il fattore tempo assuma il rilievo patologico più volte descritto rispetto ad un percorso carcerario caratterizzato già da tratti di extramurarietà che verrebbero a essere compromessi.

Dalla complessiva analisi delle fattispecie analizzate e dei precedenti noti emerge, ad ogni modo, che l’insorgere del problema presenta ampi margini di prevedibilità: se l’isolamento è stato applicato in sentenza o con provvedimento successivo emesso in executivis, per quanto tutto ciò risalga ad anni passati ci sarà certamente traccia documentale nella posizione esecutiva del detenuto; ed ancora, se non è stato applicato ma dalla posizione esecutiva o dal provvedimento di cumulo emergono più titoli di condanna risultando, quindi, che oltre alla pena dell’ergastolo il condannato deve contestualmente espiare anche condanne a pene detentive superiori a 5 anni di reclusione, la sola ordinaria diligenza professionale non potrà che rendere conscia la difesa del problema, fino a quel momento potenziale ma destinato prima o poi a manifestarsi in concreto.

Tutto ciò suggerisce l’opportunità se non addirittura la necessità, sul piano difensivo, di un agire preventivo rispetto al momento in cui matureranno le potenziali condizioni per l’attivazione di una “esecuzione penitenziaria” di benefici e misure alternative che potrebbe, appunto, improvvisamente intersecarsi e soccombere per effetto della prevalente “esecuzione penale” dell’isolamento diurno che ineluttabilmente determinerebbe quella spiacevole postergazione di aspettative del detenuto di cui è detto in apertura, se non addirittura l’interruzione di benefici o misure in atto.

Va da sé che la soluzione neutralizzante di tipo costituzionale delineata dall’ordinanza in commento – ipotizzando che questa trovi condivisione anche da parte di altri giudici dell’esecuzione eventualmente investiti di analoga questione – rappresenterà senza dubbio l’extrema ratio proprio perché rimedio spendibile solo nel momento in cui il sopraggiungere, più o meno improvviso, dell’esecuzione dell’isolamento diurno che si intenda inibire, determini in concreto un pregiudizio seppur temporaneo al percorso rieducativo ormai già avviato anche con modalità extramurarie, attraverso un regresso o comunque una stasi del processo riabilitativo stesso con revoca di benefici e misure in atto.

Ma in disparte il caso estremo, la vera prevenzione del problema passa ragionevolmente attraverso una soluzione che eviti in radice il verificarsi dell’intersezione tra i due diversi piani esecutivi e ciò non potrà che concretizzarsi con la volontaria, e magari non proprio spontanea e gradita, sottoposizione all’isolamento diurno prima che la duplice dilatazione delle tempistiche – da un lato l’entità della pena espiata fino alla maturazione della soglia temporale necessaria per l’accesso a beneficio o misure alternative; dall’altro lato, lo spatium temporis tra il momento in cui si poteva/doveva dare esecuzione all’isolamento diurno e l’attualità – determini l’innescarsi in concreto del problema.

Per tali ragioni, nella gestione difensiva della posizione esecutiva di un ergastolano devesi pertanto considerare atteggiamento ragionevole quello della sollecitazione all’esecuzione di un provvedimento applicativo già emesso, conosciuto dall’interessato ma della cui esistenza gli organi preposti all’esecuzione se ne siano dimenticati, lasciandolo così insidiosamente giacente nel fascicolo dell’esecuzione o in quello personale chiuso nel cassetto di qualche ufficio matricola; oppure, sulla stessa linea, qualora emergano chiaramente dalla posizione esecutiva le condizioni previste dall’art. 72 e 80 c.p., la sollecitazione, magari tramite il p.m. competente per l’esecuzione se non addirittura d’impulso della difesa, all’emissione stessa del provvedimento di isolamento diurno al quale dare poi immediata esecuzione senza ulteriori dilazioni.

Solo dopo aver estinto il rapporto esecutivo relativo all’isolamento diurno si avrà la certezza che la programmazione e gestione difensiva della esecuzione penitenziaria non presenterà, più o meno a sorpresa, i problemi fin qui analizzati.

13. Per completezza d’informazione, un’osservazione finale forse utile per la valutazione della praticabilità di una prospettiva che potrebbe attrarre il condannato che poco gradisca, oltre all’ergastolo, la sopra evocata idea della volontaria sottoposizione all’isolamento diurno e magari preferisca meglio confidare in una dimenticanza esecutiva senza fine.

Nella giurisprudenza di legittimità, seppur come mero obiter, si è evidenziato che tutto sommato “il ritardo nell’esecuzione potrebbe giovare al condannato, per la possibilità che l’isolamento non sia eseguito, se la reclusione concorrente con l’ergastolo si estingue” (così, Cass. Pen., Sez. I, n. 5834 del 15.11.2018, ric. Carannante; analogamente, Cass. Pen., Sez. I, n. 23553 del 21.03.2023, ric. P.g. in c. Carola); proprio l’ultimo passaggio potrebbe indurre a pensare che il mero ritardo-dimenticanza nell’esecuzione possa prima o poi determinare l’estinzione del segmento esecutivo della pena temporanea che concorre con l’ergastolo nel cumulo delle pene.

Se in astratto ciò è vero, occorre però intendersi su come la reclusione concorrente con l’ergastolo potrebbe estinguersi.

Anzitutto, in rito, l’evocata estinzione della reclusione, qualunque sia la causa, non sarebbe un effetto automatico e richiederebbe quantomeno un incidente di esecuzione che accerti la sussistenza dei presupposti integrativi del fenomeno dedotto e che appunto vanno singolarmente individuati.

Quanto, poi, al merito, a fronte delle mutevoli componenti che possono caratterizzare ogni singola fattispecie esecutiva, in questa sede non è ovviamente possibile predefinire il contenuto di un modello difensivo di tutela ma solo ricordare in via generale le variabili da considerare ai fini della concretizzazione di siffatta possibilità: l’estinzione per prescrizione di un singolo segmento esecutivo di pena temporanea, cioè quello relativo a pena superiore a 5 anni di reclusione presente all’interno di un cumulo di pene, non trova, come visto, piena condivisione da parte della giurisprudenza di legittimità e quindi è prevedibile che analogo atteggiamento possa registrarsi dinanzi al giudice dell’esecuzione investito della questione, magari, appunto, contrario alla praticabilità della soluzione; ove praticabile, l’estinzione per prescrizione richiederebbe un tempo che va da un minimo di 10 ad un massimo di 30 anni a partire dal passaggio in giudicato della sentenza, calcolo che andrà poi calibrato con la pena esecutiva già espiata ed ancora da espiare per verificare quando l’intersezione tra i diversi piani esecutivi potrebbe verificarsi; per i recidivi, variabile spesso ricorrente nelle situazioni come quelle qui in esame, nonché per i delinquenti abituali, professionali o per tendenza, la prescrizione della pena purtroppo non opera mai.

Ciò detto, altri fenomeni “estintivi” della pena temporanea al di fuori della prescrizione, idonei a neutralizzare l’incidenza generativa di un isolamento diurno, non sono configurabili se non guardando a veri e propri fenomeni “eliminativi/modificativi” del singolo titolo di condanna a pena temporanea o dei suoi contenuti, quali la revisione, la rescissione del giudicato od anche la rimodulazione della pena in executivis ai sensi dell’art. 671 c.p.p. che magari consenta di riportare sotto la soglia dei 5 anni la pena temporanea concorrente con l’ergastolo (a proposito: l’ordinanza in commento segnala nella parte introduttiva che la difesa del condannato aveva anche messo in campo questa soluzione, trattandosi nella specie di pena temporanea inflitta per il delitto ex art. 416-bis c.p. rispetto a quella dell’ergastolo applicata per delitto di omicidio aggravato, da considerarsi quest’ultimo espressione del medesimo disegno criminoso del delitto associativo).

Ma queste ultime, ovviamente, sono prospettive risolutive “altre” e del tutto autonome rispetto alla estinzione evocata in giurisprudenza quale possibile vantaggio di un mero ritardo-dimenticanza nell’esecuzione dell’isolamento, tale da poter prima o poi determinare l’estinzione del segmento esecutivo della pena temporanea che concorre con l’ergastolo nel cumulo delle pene

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